Piede piatto – Evidenze scientifiche

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Questo materiale informativo è frutto dell’esperienza dei medici dell’Equipe di OrtoPediatria

Piede piatto: evidenze scientifiche per una scelta consapevole e condivisa.

Le evidenze scientifiche sul piede piatto. Esistono numerose procedure chirurgiche per la correzione del piede piatto. Generalmente le tecniche vengono suddivise in:

  • Artrorisi o artroeresi (calcaneo stop, endortesi, ecc)
  • Osteotomie
  • Artrodesi (fusioni di articolazioni)

Mentre le osteotomie e artrodesi sono tipiche del piede piatto a fine crescita, le artrorisi trovano il loro campo di applicazione nel bambino in accrescimento.
Esula dallo scopo di questa pagina la descrizione dettagliata di queste procedure. In generale si può dire che la priorità rimane comunque il risparmio delle articolazioni, per cui le artrodesi dovrebbero essere riservate a casi estremi e generalmente non a piedi piatti flessibili del bambino/adolescente senza patologie sottostanti.
Le procedure di osteotomia del calcagno, associate spesso a procedure sulle parti molli, sono interventi più impegnativi rispetto alle artrorisi (viene operato un lato per volta, è necessaria immobilizzazione prolungata), ma hanno dimostrato già in molteplici studi ottimi risultati a breve e lungo termine se effettuate con le giuste indicazioni.

L’artrorisi (calcaneo stop, endortesi, ecc) per la correzione del piede piatto.

L’intervento di artrorisi (calcaneo stop, ecc) per piede piatto è una procedura relativamente semplice. Ne esistono diverse varianti, che però hanno in comune alcune caratteristiche. Semplificando:

  • si tratta di applicare un impianto (vite, spaziatore, ecc) da un accesso laterale (poco sotto e anteriormente al malleolo laterale) a livello del seno del tarso
  • la vite o impianto modifica i rapporti tra le due ossa che costituiscono la parte posteriore del piede (astragalo e calcagno). Viene sollevato l’astragalo (che nel piede piatto è scivolato) e viene fornito uno stop (per questo il termine calcagno stop o calcaneo stop) all’eccessiva inclinazione del calcagno. Viene inoltre ipotizzato anche un effetto “propriocettivo” cioè di stimolazione delle fibre nervose presenti a questo livello, che avrebbe nel tempo l’effetto di stimolare la formazione della volta plantare
  • la ferita chirurgica è molto piccola
  • il recupero funzionale è piuttosto rapido: in genere al paziente è concesso di camminare subito, con calzature alte o con tutori di protezione;
  • possono essere associati, se necessario, tempi chirurgici accessori (allungamento del tendine di Achille, ripresa mediale, resezione scafoide accessorio, ecc).

SEDE DELL’IMPIANTO

L’impianto per l’intervento di artrorisi per piede piatto può essere inserito:

  • nel seno del tarso (endortesi)
  • avvitato nel calcagno (calcaneo o calcagno stop)
  • avvitato nell’astragalo (calcaneo o calcagno stop).

Tendenzialmente, gli impianti avvitati nell’osso presentano in minor misura il rischio presente nelle endortesi, ovvero che l’impianto possa essere espulso rapidamente in superficie.

MATERIALE DELL’IMPIANTO

Senza entrare nello specifico dei materiali usati per gli interventi di artrorisi per piede piatto, si distinguono:

  • materiali riassorbibili
  • materiali non riassorbibili.

Ognuno ha propri vantaggi e svantaggi. Ad esempio, l’impianto riassorbibile ha il vantaggio di non richiedere nella maggior parte dei casi la rimozione, ma può in qualche caso cedere precocemente e provocare perdita di correzione o fenomeni di sinovite.

L’impianto non riassorbibile metallico ha generalmente una tenuta meccanica superiore, ma spesso necessita di essere rimosso.

Vite non riassorbibile inserita nell’astragalo (a) e vite riassorbibile inserita nel calcagno (b)

QUALE TECNICA DI ARTRORISI/CALCANEO STOP È SUPERIORE?

Le possibili varianti di intervento di artrorisi per piede piatto vengono utilizzate sostanzialmente in base alla preferenza personale ed esperienza del chirurgo, senza che possa essere stabilita una reale e netta distinzione di indicazione.
Molti chirurghi ortopedici sono passati nel tempo da tipo di impianto a un altro in un senso o in senso contrario, segno che non esiste una procedura definitivamente superiore all’altra e che gli stessi chirurghi avvertono la necessità di ottimizzare risultati non ancora del tutto soddisfacenti.

ETÀ PER L’INTERVENTO DI CALCANEO STOP/ARTRORISI PER PIEDE PIATTO

Generalmente queste procedure trovano indicazione e hanno i migliori risultati tra i 9 e i 12 anni.
Semplificando, la procedura sfrutta la crescita del piede, che viene modificato nella sua morfologia mentre sta crescendo; con la crescita, le strutture si riadattano alla nuova situazione e la presenza dell’impianto non è più necessaria; pertanto la vite può essere rimossa o riassorbirsi.
Questa fascia di età rappresenta quindi una regola generale ma non rigida, ed è da rivalutare nel singolo paziente. Ad esempio, alcuni bambini presentano una crescita scheletrica (e dei piedi) precoce. La procedura può a volte essere eseguita anche in pazienti più grandi in cui il piede si sia mantenuto flessibile, pur considerando che i risultati potrebbero essere inferiori, non essendo possibile il suddetto adattamento delle strutture con la crescita.
E’ importante sottolineare che il fattore età non deve rappresentare un motivo di scelta chirurgica affrettata. Cioè, per il solo fatto che il paziente stia per compiere 12 anni, non vuol dire che debba essere operato rapidamente e senza aver valutato adeguatamente rischi, benefici e alternative.

LA NOSTRA PREFERENZA

Utilizziamo generalmente una vite metallica inserita nell’astragalo, non riassorbibile. Per casi specifici, proponiamo una vite riassorbibile.

I risultati degli interventi di artrorisi/calcaneo stop per il piede piatto: le evidenze scientifiche, un’analisi critica

La revisione della letteratura più recente sugli interventi per piede piatto in età pediatrica non offre certezze assolute. Questo perché nella maggior parte dei lavori: il numero di pazienti incluso è limitato, le indicazioni alla chirurgia sono poco chiare, vengono inclusi spesso pazienti con quadri diversi da un piede piatto flessibile, o età molto differenti, mancano criteri standardizzati di valutazione (a volte esclusivamente radiografici!), i lavori sono retrospettivi o presentano un follow-up troppo breve (a volte due mesi!).

RISULTATI

Pur coi limiti suddetti, la maggior parte degli autori riporta (e questa è la nostra stessa esperienza), nei pazienti in età pediatrica con piede piatto flessibile sintomatico buoni risultati in termini di soddisfazione, qualità di vita e correzione radiografica, e ritorno all’attività sportiva.

COSA VUOL DIRE FOLLOW-UP BREVE?

Gli articoli pubblicati in letteratura hanno spesso un follow-up eccessivamente breve. Un follow-up medio di 1, 2 o anche 4 anni, se dal punto di vista della letteratura può rappresentare un dato interessante, dal punto di vista clinico, significa andare a vedere come sta un ragazzino che magari è stato operato all’età di 11 anni e viene rivisto all’età di 15 anni. Un risultato positivo a questa età è sicuramente rassicurante, ma non risponde al quesito su come andrà nel tempo la sua condizione.
I critici della metodica suggeriscono che la limitazione articolare della sottoastragalica provocata dalla metodica potrebbe avere l’effetto di scaricare lo stress sulle articolazioni vicine, che nel tempo potrebbero usurarsi. I lavori che hanno studiato le artrodesi vere e proprie (della sottoastragalica o le duplici artrodesi), hanno evidenziato che in questi casi lo stress sulle articolazioni circostanti (e quindi l’usura e artrosi) si evidenzia dopo circa 10 anni, molto più avanti rispetto ai follow-up attualmente disponibili per le artrorisi.

LE COMPLICANZE

Negli interventi di artrorisi (calcaneo stop, ecc) per piede piatto è stato riportato un tasso di complicanze tra il 3,5 e il 19,3%. In molti casi, come già detto, il tasso di cattivi risultati e complicanze ha portato i fautori delle varie procedure a modificare i loro stessi impianti.
Le principali complicanze descritte sono:

  • problematiche chirurgiche (cattivo posizionamento dell’impianto, iper/ipocorrezione, estrusione dell’impianto, errata dimensione dell’impianto)
  • problematiche del materiale (rottura, degradazione)
  • problematiche biologiche (sinoviti, reazioni da corpo estraneo, infezioni, dolore ricorrente/persistente, contrattura dei peronei, fratture del calcagno, ecc)
  • A queste si aggiunge la possibile perdita di correzione nel tempo, dopo il riassorbimento o la rimozione dell’impianto.
La testa della vite calcaneare provoca conflitto, sinovite e erosione dell’astragalo

Tali complicanze possono essere:

  • Transitorie e risolvibili con uso di ortesi o fisioterapia: ad esempio in caso di contrattura dei peronei
  • Persistenti, che necessitano di ulteriori provvedimenti chirurgici per essere risolte, ad esempio la rimozione anticipata dell’impianto
  • Severe: infezioni o compromissione articolari. Necessitano di provvedimenti terapeutici per risolvere il quadro, ma comportano comunque un esito a distanza.

E I PAZIENTI OPERATI CHE NON AVEVANO DISTURBI PRIMA DELL’INTERVENTO?

Quello che è da sottolineare è che le casistiche pubblicate includono tendenzialmente solo pazienti “sintomatici”, e non vengono riportati dati per gli interventi eseguiti a scopo profilattico. Il che rende ancora più oscuro questo tipo di indicazione.
Anche gruppi di lavoro che notoriamente pongono indicazione anche in assenza di sintomatologia non includono nelle loro casistiche pubblicate queste indicazioni profilattiche.
Questo implica l’assenza di dati oggettivi sui risultati a distanza nei pazienti che non presentano sintomi nel pre-operatorio.

IL CONFRONTO CON L’ATTEGGIAMENTO AMERICANO

Pochi anni fa i chirurghi della società ortopedica americana della caviglia e piede (AOFAS) sono stati invitati a rispondere a un questionario riguardante l’utilizzo dell’artrorisi nella loro pratica clinica.
Il dato significativo emerso è che un terzo dei chirurghi americani che aveva effettuato delle procedure di artrorisi nel corso della sua carriera ha poi deciso di abbandonare questa metodica, principalmente per il tasso di insuccessi e la necessità di rimozione degli impianti. E’ possibile che questa scelta sia influenzata anche da problematiche economiche e di rimborso delle compagnie assicurative, ma fa sorgere il dubbio che ci sia al momento nella letteratura la tendenza a pubblicare solamente i risultati ritenuti positivi e a sottostimare le effettive problematiche.

Considerazioni finali: un intervento semplice ed efficace nel piede piatto, ma con le giuste indicazioni!!

La procedura di artrorisi (in una delle sue metodiche proposte) rappresenta una procedura di semplice esecuzione e con risultati buoni nel breve termine nella maggior parte dei casi.
E’ fondamentale che l’intervento venga proposto con le giuste indicazioni, principalmente in pazienti sintomatici, pena l’esposizione dei bambini a un rischio di complicanze difficilmente giustificabili.
In caso di pazienti sintomatici con le caratteristiche sopra evidenziate (piedi piatti flessibili, possibilmente tra i 9 e i 12 anni, dolore significativo, ecc), che non abbiano risposto a trattamenti conservativi, l’artrorisi può rappresentare un’ottima soluzione al problema e consentire un miglioramento anatomico e funzionale.
Vanno però considerati i rischi connessi a possibili complicanze e insuccessi, che vanno messi su un piatto della bilancia e discussi con la famiglia, rispetto alle problematiche effettive.
Riteniamo inammissibile dal punto di vista deontologico che l’intervento di artrorisi per piede piatto venga a tutt’oggi proposto come una “passeggiata” dal risultato sicuro.
Al momento le evidenze che derivano dalle più recenti revisioni della letteratura scientifica mondiale assegnano all’artrorisi per piede piatto il grado raccomandazione C = risultanti contrastanti o scarsa evidenza. Sono necessari studi con follow-up maggiore e con metodologia superiore, prima di poter esprimere con certezza un giudizio definitivo.

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