Epifisiolisi

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Questo materiale informativo è frutto dell’esperienza dei medici dell’Equipe di OrtoPediatria

Cos’è l’Epifisiolisi del Femore Prossimale?

L’Epifisiolisi del femore prossimale è una patologia ortopedica pediatrica che colpisce prevalentemente l’età adolescenziale, caratterizzata da uno scivolamento della testa del femore rispetto al collo femorale.

Epifisiolisi del femore prossimale sinistro

Tale patologia può colpire il femore di un solo lato (unilaterale) oppure entrambi i femori (bilaterale) con una tempistica simultanea o in tempi successivi.

I maschi sono i più colpiti delle femmine (studi recenti dimostrano un rapporto maschio-femmina di circa 2:1) con un picco della patologia in età adolescenziale (età media 13,4 anni nei maschi e 12,2 anni nelle femmine).

LE CAUSE

L’epifisiolisi è causata da un’area di debolezza a livello della fisi prossimale del femore dove eccessive forze di provocano uno “scivolamento” della metafisi prossimale del femore rispetto all’epifisi 

In fase precoce tale patologia è caratterizzata da una condizione di pre-scivolamento (o pre-slip), con zone di alterazione della fisi, identificabili alla Risonanza Magnetica.

Vari fattori di rischio possono favorirne l’insorgenza.

  • Tal punto di vista meccanico è stata dimostrata una maggiore incidenza in soggetti che presentano un’alterazione dell’anello pericondrale a livello della fisi, un’aumentata retroversione del collo femorale ed infine un’aumentata inclinazione della fisi rispetto al collo femorale.
  • Inoltre vari studi riportano strette correlazioni con una condizione di obesità; in questi casi la presentazione è più frequentemente precoce e bilaterale.
  • Altri fattori di rischio che predisporrebbero all’epifisiolisi sono le condizioni di endocrinopatia. Infatti i bambini affetti da ipotiroidismo, osteodistrofia renale, panipopituitarismo e deficit dell’ormone della crescita possono presentare una maggiore incidenza.
  • Infine una correlazione è stata trovata anche con la sindrome di Down.

Le diverse forme cliniche di epifisiolisi.

Esistono vari modi per classificare tale patologia.

Dal punto di vista temporale, l’epifisiolisi può essere classificata in base all’inizio dei sintomi. 

  • EPIFISIOLISI ACUTA quando i sintomi sono presente da meno di 3 settimane, il paziente presenta forte sintomatologia dolorosa e non può deambulare. Le radiografie mostrano in genere uno scivolamento con un netto gradino tra metafisi ed epifisi. 
Immagine radiografica di epifisiolisi acuta, che mostrano netta separazione tra metafisica ed epifisi.
  • EPIFISIOLISI CRONICA quando invece i sintomi sono presenti da più di 3 settimane, il paziente presenta spesso un dolore vago da mesi, con zoppia. Alla radiografia in genere è presente un rimodellamento osseo.
Epifisiolisi cronica bilaterale. Le radiografie mostrano scivolamento delle teste femorali con rimodellamento del collo.
  • EPIFISIOLISI ACUTA SU CRONICA quando su una sintomatologia vaga mal presente da molti mesi compare improvvisamente un dolore acuto e persistente senza capacità di deambulazione. A livello radiografico avremo sia lo scivolamento che il rimodellamento osseo. 

Un’altra classificazione dell’epifisiolisi è quella su base morfologica in base al grado di scomposizione: lieve, moderato, severo. Diversi metodi vengono utilizzati per calcolare tale “scivolamento”. Southwick consiglia di utilizzare l’angolo testa-diafisi nelle radiografie del bacino eseguite in intero-posteriore (AP) e nella proiezione laterale a rana (Frog-Leg). Si parla di lieve quando tale angolo è inferiore a 30°, moderato quando siamo tra i 30 e 60 ° ed infine severo oltre i 60°.

Dal punto di vista clinico e ai fini della scelta terapeutica è fondamentale, infine, la classificazione funzionale basata sulla capacità del paziente di deambulare. 

  • EPIFISIOLISI STABILE quando il paziente riesce ad appoggiare con carico totale o parziale con o senza l’uso delle stampelle. 
  • EPIFISIOLISI INSTABILE quando non è capace di caricare a livello dell’arto inferiore coinvolto.

COME SI PRESENTA IL PAZIENTE?

Il paziente affetto da epifisiolisi presenta una sintomatologia direttamente proporzionale alla gravità del quadro clinico.

I quadri stabili e cronici sono caratterizzati da dolore nella regione anteromediale della coscia, a volte riferito anche al ginocchio. 

Purtroppo è frequente la situazione in cui la localizzazione del dolore esclusivamente al ginocchio (e non all’anca) ha portato a diagnosi ritardate. Non raramente tali pazienti vengono sottoposti a esami diagnostici e trattamenti mirati solamente alla sede del dolore. È tuttavia un punto fondamentale in ortopedia pediatrica il concetto che tutti i bambini che presentano una sintomatologia dolorosa al ginocchio devono essere valutati (quanto meno dal punto di vista clinico) anche a livello dell’anca dello stesso lato. E il sospetto per una possibile epifisiolisi deve essere tanto maggiore quanto più ci si trovi davanti a un paziente in età a rischio e con caratteristiche somatiche tipiche. 

La sintomatologia dolorosa ha caratteristiche meccaniche (cioè non è presente a riposo, aumenta sotto carico e con l’attività). 

L’esame obiettivo mette in evidenza dolore alle rotazioni dell’anca (soprattutto in intra-rotazione), extra-rotazione obbligata alla flessione dell’anca (segno di Drehmann), possibile accorciamento ed extrarotazione dell’arto nei casi più avanzati.

Nei quadri acuti e acuti su cronici il bambino si presenterà con un’incompleta capacità a deambulare. Sarà presente una forte sintomatologia dolorosa e l’arto sarà atteggiato in flessione ed extra-rotazione per cercare di alleviare il dolore.

La diagnosi radiografica.

In caso di sospetto di epifisiolisi è fondamentale chiedere delle radiografie del bacino in proiezione antero-posteriore (AP) e proiezione Frog-Leg (a rana o Danlop o Lauenstein). Solo in caso di forte sospetto di anca instabile (in cui la clinica ricorda a volte quella di una frattura del femore prossimale), è consigliabile evitare le proiezioni a rana e decidere se eseguirla solo dopo aver valutato la proiezione anteroposteriore.

In presenza di epifisiolisi conclamata sarà subito evidente lo scivolamento tra epifisi del femore prossimale e metafisi. 

In caso, invece, di una fase iniziale della patologia alcuni segni radiografici ci permetteranno di identificare precocemente lo “scivolamento” vero e proprio. 

In caso di scivolamento iniziale lieve, utilizziamo la linea di Klein: in un’anca normale (anca dx) questa interseca la parte più laterale della testa del femore, mentre in un’anca patologica (anca sn) questo non succede.

Le radiografie consentiranno inoltre di misurare la gravità dello scivolamento e di distinguere tra quadri cronici, quadri acuti e quadri acuti su cronici.

La Risonanza Magnetica è indicata sia nei casi sospetti, sia nei casi in cui si voglia valutare più precisamente la direzione e l’entità dello scivolamento.

Infatti, nella fase di pre-scivolamento si potrà evidenziare solamente una fisi allargata ed irregolare. In caso di forte sospetto clinico, è opportuno procedere con una RM, che evidenzierà una zona di edema proprio a livello della fisi.

Il trattamento dell’Epifisiolisi del femore prossimale.

Il trattamento dell’epifisiolisi è sempre chirurgico in tempi relativamente rapidi, con l’obiettivo primario di bloccare il possibile ulteriore scivolamento della testa del femore. Più il trattamento è in fase precoce, più saranno sufficienti procedure minori e la prognosi sarà migliore. Scivolamenti maggiori espongono le anche a prognosi peggiori (maggior rischio di necrosi, di artrosi precoce e necessità di procedure complesse).

La distinzione principale va fatta tra i casi con presentazione stabile (i più frequenti) in cui l’intervento chirurgico va fatto in tempi relativamente rapidi, e quelli con presentazione acuta (più rari) in cui invece il trattamento è da considerarsi una vera e propria urgenza. 

Come precedentemente spiegato, in questo secondo caso la testa del femore scivola in modo improvviso rispetto al collo del femore e questo può determinare una sofferenza dei vasi che portano sangue alla testa del femore. Un ritardo significativo nella riduzione dello scivolamento può incrementare i rischi di necrosi della testa del femore.

In entrambi i casi, se la diagnosi e il trattamento vengono eseguiti in una fase di pre-scivolamento o di scivolamento lieve, il trattamento gold standard è la cosiddetta “fissazione in situ”. Si tratta di inserire una vite che vada a bloccare tale scivolamento tra testa e collo del femore, e impedire il peggioramento del quadro. 

Controllo radiografico di paziente operato di fissazione in situ ad entrambe le anche

Si utilizzano generalmente tecniche percutanee (cioè mini-invasive, senza necessità di grandi incisioni). Nel post operatorio il paziente inizierà a camminare con ausilio di due stampelle e con un carico inizialmente protetto e successivamente andrà ad aumentare il carico in maniera progressiva.

In caso di scivolamento grave, occorre valutare l’opportunità di eseguire procedure chirurgiche più complesse, quali osteotomie triplanari, lussazione chirurgica della testa con rimodellamento del collo femorale ecc, allo scopo di cercare di ripristinare al meglio i rapporti articolari. Si tratta di procedure più complicate (la cui descrizione però non vuole essere lo scopo di questa scheda didattica) e che presentano ulteriori rischi, tra i quali la necrosi della testa del femore.

A maggior ragione, è opportuno sottolineare l’importanza di una tempestiva diagnosi di epifisiolisi e di un trattamento precoce, proprio per evitare di arrivare a quadri patologici severi e a dover ricorrere a procedure maggiori, e per limitare il rischio di complicanze.

COME COMPORTARSI CON IL LATO SANO?

Rappresenta un altro punto importante. Infatti, se nei casi che colpiscono entrambi i femori contemporaneamente, non vi è dubbio che vadano operate entrambe le anche, nei casi in cui un solo femore è affetto da epifisiolisi, sussiste un rischio che nei mesi o anni successivi anche l’anca non affetta vada incontro a scivolamento. 

Per questo motivo, l’ortopedico dovrà valutare se fissare preventivamente questa anca (anche se non affetta) o se sorvegliarla nel tempo. Entrambe le decisioni hanno rischi e benefici: da un lato il rischio di lesioni iatrogene su un’anca sana se si procede con la fissazione, dall’altro il rischio che l’anca, inizialmente sana, scivoli gravemente in un secondo tempo se non viene fissata. 

Come supporto a questa decisione si utilizzano alcuni elementi clinici e radiografici (ad esempio Oxford Hip Score) che indicano un aumentato rischio in determinate situazioni (età inferiore a 10 anni, obesità, cartilagini triradiate aperte, endocrinopatie associate) per le quali più frequentemente verrà consigliata la fissazione preventiva controlaterale.

Anche in questo caso sarà però opportuno considerare la corretta tecnica di fissazione: in caso di decida di fissare l’anca non affetta, è fondamentale utilizzare delle tecniche chirurgiche che consentano al collo del femore di continuare a crescere, se la crescita residua è significativa.

Perché è importante rivolgersi a un ortopedico pediatrico esperto?

L’epifisiolisi è una delle condizioni in cui più frequentemente la diagnosi viene effettuata tardivamente (anche dopo mesi di zoppia del paziente), impedendo così di poter intervenire con un trattamento precoce e semplice. 

È opportuno mantenere sempre un livello alto di sospetto per questa condizione (specialmente nei casi con presentazione tipica), eseguire precocemente gli accertamenti richiesti (radiografie ed eventualmente Risonanza Magnetica) e rivolgersi rapidamente ad un ortopedico pediatrico con esperienza.

La prognosi (cioè il funzionamento dell’anca colpita) sarà infatti molto buona in caso di trattamento adeguato e precoce, mentre rischia di essere severa in caso di trattamenti non adeguati o in fase molto avanzata.

ORTOPEDIATRIA