Questo materiale informativo è frutto dell’esperienza dei medici dell’Equipe di OrtoPediatria
Screening per la displasia dell’anca, la situazione Italiana
Se riuscissimo a organizzare alla nascita un percorso adeguato di screening della displasia delle anche, ridurremmo drasticamente le conseguenze di questa patologia (interventi chirurgici sulle anche dei bambini, protesi di anca in età adulta, disabilità e zoppie legate a questa condizione, ecc)!
Lo hanno sottolineato diversi studi e l’esperienza di altri Paesi dove i programmi di screening sono già attivi da anni.
Invece purtroppo, la situazione attuale in Italia è quella di un’assoluta mancanza di regole comuni e di controlli sull’argomento.
In un nostro recente lavoro di analisi della situazione attuale di un’importante regione italiana, è emerso un quadro di totale disomogeneità di comportamento sotto ogni punto di vista (modalità di screening, tempistiche delle ecografie, pagamento del ticket, modalità di trattamento, largo uso di doppi pannolini e mutandine, trattamenti blandi protratti anche per gradi elevati di displasia, assenza di reti di trattamento, ecc)
E allora cosa possiamo fare per migliorare la situazione?
Quello che non molti sanno è che recentemente c’è stata un’importante novità: per la prima volta nel 2019 le tre società scientifiche interessate alla problematica (Società Italiane di Pediatria, Radiologia Medica e Ortopedia Pediatrica) hanno stilato delle raccomandazioni congiunte che hanno tracciato la strada ideale da percorrere.
Il nostro ruolo è quindi quello di diffondere il più possibile queste raccomandazioni a tutti i livelli sanitari per arrivare a realizzarle concretamente.
Cerchiamo di comprendere insieme gli aspetti principali del problema.
Con il termine displasia evolutiva delle anche facciamo riferimento a un gruppo variegato di alterazioni che vanno da quadri più lievi in cui la testa del femore è correttamente localizzata nell’acetabolo, ma in cui quest’ultimo non è sufficientemente sviluppato (displasia) a quadri più severi in cui la testa femorale è solo parzialmente (sub-lussazione) o addirittura non è contenuta all’interno dell’acetabolo (lussazione). Vedi scheda relativa
Come può lo screening aiutarci ad individuare precocemente casi di displasia dell’anca
La displasia delle anche ha delle caratteristiche per le quali può essere diagnosticata precocemente:
- è “ congenita” (cioè presente alla nascita) nella stragrande maggior parte dei casi;
- si accompagna nella maggior parte dei casi a una obiettività positiva alla nascita (cioè visitando il bimbo alla nascita possiamo ritrovarne i segni clinici);
- può essere valutata accuratamente con un mezzo diagnostico non invasivo e di pronta disponibilità, l’ecografia.
Inoltre, sappiamo che più precocemente viene avviato il trattamento della displasia delle anche (idealmente entro la 6^ settimana di vita), meno invasivi saranno i trattamenti e migliori saranno i risultati e la prognosi a distanza: questo consentirà di evitare l’usura precoce dell’articolazione (artrosi) e nelle forme più severe la comparsa di zoppia e limitazioni funzionali.
Queste ed altre caratteristiche (anche di ordine economico) fanno sì che la displasia delle anche sia candidata ideale per un programma di screening standardizzato.
Rimane però aperto il dibattito riguardo a come effettuare questo screening. Le possibili opzioni a disposizione sono:
- Screening clinico universale: cioè sottoporre tutti i neonati a visita ed usare l’esame clinico per porre diagnosi di displasia delle anche;
- Screening ecografico selettivo: sottoporre ad ecografia solo i neonati che presentano fattori di rischio o esame clinico positivo;
- Screening ecografico universale: prevedere l’ecografia per tutti.
Le modalità adottate sono state differenti nei vari Paesi e hanno subìto una evoluzione temporale anche in base ai risultati ottenuti e alle evidenze scientifiche.
Per molto tempo, in larga parte del mondo lo screening della displasia delle anche è stato condotto eseguendo la manovra di Ortolani associata a quella di Barlow.
Molti studi hanno però evidenziato il limite dello screening clinico.
Se infatti è vero che in presenza di un segno di Ortolani positivo l’ecografia documenta sempre la presenza di una displasia dell’anca, l’assenza del segno di Ortolani non rappresenta una garanzia assoluta di assenza della malattia.
Inoltre, in caso di anca instabile alla nascita, il segno di Ortolani può diventare negativo dopo i primi giorni, ma questo non significa automaticamente normalizzazione del quadro, anzi, può voler dire peggioramento del quadro con irriducibilità della lussazione.
Negli anni ’80 l’introduzione dell’esame ecografico delle anche e della metodica di Graf (ideata da Reinhard Graf, dell’Ospedale Ortopedico di Stolzalpe in Austria) ha fornito una nuova opportunità quale strumento diagnostico e di screening.
Negli anni passati sono stati quindi introdotti sulla base della letteratura disponibile, programmi di screening “selettivi”, in cui la manovra di Ortolani- Barlow veniva eseguita a tutti i nuovi nati mentre l’esame ecografico veniva riservato ai bambini con fattori di rischio (presentazione podalica e familiarità di I grado) o clinica positiva.
Un esempio è quello proposto da un autorevole gruppo di studio in Emilia- Romagna nel 2010. Rimandiamo direttamente a quel documento, per l’ottima analisi della problematica e della letteratura.
https://www.saperidoc.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/623
Questo metodo di screening “selettivo” però non ha dimostrato di riuscire a ridurre significativamente il numero di diagnosi tardive e il ricorso alla chirurgia maggiore.
Il problema principale che è stato sottolineato è che molti bambini con problematiche da displasia dell’anca non presentano fattori di rischio o clinica positiva e quindi non hanno “diritto” all’esecuzione di un’ecografia; di conseguenza, se non si adottano sistemi di screening ecografico universale, questa quota di bambini rischia di sfuggire alla diagnosi e al trattamento.
Al contrario, nei paesi di lingua tedesca (Austria e Germania) in cui da anni l’esame ecografico viene eseguito a tutti i nuovi nati, indipendentemente da sesso e fattori di rischio, e in cui il sistema di screening è stato standardizzato in modo rigoroso (con la certificazione degli ecografisti) si è registrato un calo notevole del ricorso a trattamento chirurgico della displasia delle anche.
Sulla base di questi e altri dati, sono state stilate da un gruppo di esperti delle società italiane di Ortopedia Pediatrica, Pediatria e Radiologia (SITOP, SIP, SIRM), delle raccomandazioni per la diagnosi precoce della displasia evolutiva dell’anca. Rimandiamo direttamente al documento finale, per l’analisi delle problematiche e della letteratura più recente
https://www.area-pediatrica.it/articoli.php?archivio=yes&vol_id=3362&id=33348
Riportiamo qui nel dettaglio le loro raccomandazioni finali:
- Eseguire un esame clinico delle anche a tutti i neonati, esame che deve essere eseguito dal neonatologo o dal pediatra e opportunamente registrato.
- Ripetere l’esame delle anche a ogni bilancio di salute per i primi 6 mesi di vita da parte del pediatra di famiglia.
- Tutti i neonati che presentano all’esame clinico il “segno dello scatto” devono essere sottoposti ad un esame ecografico delle anche prima della dimissione dal punto nascita, o comunque entro la prima settimana di vita; l’esame deve essere opportunamente registrato.
- Tutti i nuovi nati, indipendentemente dai fattori di rischio, devono essere inseriti in un programma di screening della displasia delle anche che preveda l’esecuzione di un esame ecografico delle anche tra le 4 e le 6 settimane di vita da parte di operatori certificati e la creazione di un registro regionale informatizzato per la raccolta dei dati dello screening
- I servizi sanitari devono identificare un percorso di screening di presa in carico a livello locale, condiviso tra pediatra, ortopedico e radiologo, per tutte le situazioni con esame ecografico positivo per displasia. Per esame positivo per displasia si intende un quadro ecografico di tipo IIb, IIc, D, III, IV (secondo la classificazione di Graf ); le anche di tipo IIa devono essere monitorate ecograficamente e trattate solo in assenza di segni di un’adeguata maturazione.
- I servizi sanitari, con la collaborazione delle società scientifiche, devono: identificare i centri idonei alla effettuazione dello screening, realizzare programmi formativi specifici per l’apprendimento dell’esame clinico ed ecografico delle anche, prevedere modalità di certificazione degli operatori dedicati all’esame ecografico e sistemi di verifica di qualità delle prestazioni erogate
C’è ancora molto da fare per migliorare la diagnosi precoce della displasia dell’anca
Come è evidente, la strada che viene indicata è una strada impegnativa in cui non è sufficiente “consigliare un’ecografia a tutti” per risolvere il problema.
Ci sono tanti aspetti del problema che devono essere presi in considerazione (considerando che al momento attuale non abbiamo una risposta adeguata):
- C’è un grosso problema di costi iniziali e di necessità di personale da dedicare allo screening per la displasia delle anche (ecografisti, personale dedicato alla raccolta dei dati) che spaventa gli organi sanitari centrali vista la delicata situazione economica attuale. Tali costi iniziali verrebbero ripagati nel tempo dal risparmio di chirurgia maggiore, artroprotesi e disabilità della popolazione, ma per comprendere questo c’è necessità di una politica sanitaria lungimirante.
- La necessità di incrementare la formazione dei neonatologi e pediatri circa l’esame obiettivo delle anche.
- La necessità di certificare gli ecografisti: come vedremo nella scheda dedicata all’ecografia, è fondamentale che le ecografie vengano eseguite rispettando dei criteri standardizzati e che l’affidabilità degli ecografisti venga verificata periodicamente.
- I trattamenti devono essere standardizzati: è inammissibile lasciare che i bimbi vengano trattati da personale non preparato, senza protocolli adeguati in linea con le evidenze scientifiche più recenti.
- È importante stabilire una soglia per il trattamento al di sotto della quale i bimbi non devono essere trattati: uno dei rischi di eseguire uno screening universale è di mettere in evidenza e trattare alcuni quadri di displasia lieve delle anche che probabilmente si risolverebbero spontaneamente senza nessun trattamento; ogni trattamento implica però dei rischi (oltre che dei costi per la sanità) che devono essere evitati.
- La raccolta sistematica dei dati per comprendere se questo atteggiamento di screening riesca a dare i suoi frutti nel tempo e per correggere eventuali errori del sistema.
I punti da migliorare sono molti e crediamo che ognuno di noi debba fare la sua parte. Anche nel suo piccolo, anche semplicemente condividendo e diffondendo queste schede il più possibile tra genitori e personale sanitario.
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