Mielomeningocele – Chirurgia ortopedica

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Mielomeningocele: chirurgia ortopedica per gli arti inferiori

I bambini affetti da mielomeningocele (o spina bifida) presentano un ampio spettro di problematiche muscolo-scheletriche.
Esiste infatti un’ampia variabilità di interessamento neurologico di tali pazienti (livelli toracici, livelli lombari superiori, livelli lombari inferiori, livelli sacrali, associate malformazioni tipo Arnold-Chiari, associato idrocefalo, ancoraggio midollare in corso di accrescimento, ecc), nonché di deformità degli arti inferiori presenti già alla nascita.

Gli obiettivi del trattamento ortopedico saranno perciò molto differenti, soprattutto in relazione alla severità del coinvolgimento: dal miglioramento dell’appoggio dei piedi e della deambulazione in bambini con interessamento neurologico basso, al miglioramento della posizione seduta e dell’assetto del rachide nei pazienti più gravi.

(a) Tipico schema di deambulazione per livelli neurologici bassi; (b) grave scoliosi e difficoltà nella posizione seduta, con esiti di decubiti cutanei (livelli più alti)

Il trattamento dei bambini affetti da mielomeningocele è molto complesso e comporta un lavoro multidisciplinare (neurochirurgo, urologo, chirurgo generale, fisiatra, fisioterapista, ortopedico, tecnico ortopedico, psicologo, terapista occupazionale, ecc).
Esula dalle pretese di questa scheda un approfondimento sugli aspetti patogenetici, clinici e terapeutici di questa condizione.

Ci limitiamo qui a riassumere le principali problematiche a carico degli arti inferiori che possono richiedere un trattamento chirurgico e ad elencare le procedure chirurgiche che vengono effettuate più frequentemente per tali problematiche.

Deformità dei piedi e delle caviglie nei bambini con mielomeningocele.

  • Piedi tali: tale deformità, piuttosto comune nei bambini con mielomeningocele, può essere presente alla nascita, ma generalmente si instaura successivamente, a causa di uno squilibrio muscolare (tibiale anteriore attivo, flessori plantari deficitari). Può rendersi necessario un intervento di release anteriore, associato a transfer del tibiale anteriore (ed eventualmente anche altri tendini) sul calcagno, o in pazienti a fine accrescimento un intervento di artrodesi dell’articolazione tibiotarsica.
  • Piedi equino-varo-supinati (o piede torto congenito): i piedi che presentano tale deformità congenita sono generalmente più rigidi, più resistenti al trattamento, e a maggior rischio di recidiva rispetto ai piedi torti idiopatici (vedi scheda sul piede torto). E’ possibile effettuare un tentativo di trattamento con gessi secondo la metodica di Ponseti, ma va tenuto conto di un aumentato rischio di decubiti in gesso (legati alla sensibilità alterata).
    In alternativa, si rende necessario un intervento di liberazione posteriore e mediale delle parti molli (intervento di Codivilla).
Piede torto in mielomeningocele trattato con metodo Ponseti con buon risultato ma presenza di decubiti legati all’uso del tutore
  • Piedi equini: in caso di deformità in puro equinismo, che non rispondano al trattamento conservativo (tutori, fisioterapia), sono indicati interventi correttivi (allungamento del tendine di Achille, liberazione posteriore)
Piede equino in mielomeningocele
  • Piedi reflessi: si tratta di una deformità complessa del piede già presente alla nascita che nella maggior parte dei casi necessita di un intervento correttivo sulle parti molli (liberazione posteriore, mediale, plantare e laterale)
  • Valgismo del piede e della caviglia. Si tratta di problematiche piuttosto comuni nei bambini con mielomeningocele, che possono comportare disturbi nell’utilizzo di plantari e tutori. L’ortopedico è chiamato a distinguere la sede della deformità (valgismo di caviglia o valgismo a livello del piede o entrambe).
    In caso di deformità della caviglia, le opzioni chirurgiche includono: osteotomia correttiva della tibia distale ed epifisiodesi asimmetrica della tibia distale (cioè correzione progressiva della deformità, nei pazienti in accrescimento).
    In caso di deformità localizzata a livello del piede (articolazione sottoastragalica), l’ortopedico dovrà valutare la procedura chirurgica più adatta tra le varie opzioni (artrodesi, osteotomie, ecc) tenendo conto delle specifiche caratteristiche dei bambini con mielomeningocele.

Deformità e lussazione delle anche.

  • Contratture delle anche. Sono indicati interventi di release delle parti molli in caso di contratture delle anche in abduzione-rotazione esterna o in flessione, che interferiscano con la funzione (statica, deambulazione, utilizzo di tutori), solo dopo adeguata valutazione clinica.
  • Sublussazione e lussazione. Si tratta di una problematica molto frequente nei bambini con mielomeningocele: generalmente è lo squilibrio tra muscoli flessori/adduttori funzionanti ed estensori/abduttori ipovalidi che provoca la progressiva alterazione dei rapporti tra femore ed acetabolo fino alla lussazione completa.
Lussazione anca sinistra in mielomeningocele

Il trattamento richiede un’accurata valutazione funzionale (valutazione della funzione muscolare, del livello neurologico, dell’obliquità del bacino, dell’allineamento del rachide, della capacità deambulatoria, ecc) e non una semplice valutazione radiografica.
Il quesito fondamentale riguarda l’opportunità o meno di procedere a complessi interventi di riduzione delle lussazioni e ricostruzione articolare.
Infatti bisogna considerare da un lato i possibili vantaggi di una riduzione (in particolare, stabilizzare l’articolazione, evitare differenze di lunghezze tra i due arti, prevenire l’obliquità del bacino e la scoliosi) ma dall’altro l’elevato tasso di complicanze che possono essere associate al trattamento (rischio di rigidità, fratture, ossificazioni in sede di intervento, alto rischio di recidiva della lussazione dopo il trattamento). L’obiettivo principale rimane comunque il mantenimento della flessibilità dell’articolazione e la risoluzione delle contratture che possono determinare obliquità del bacino stesso.

Paziente con mielomeningocele sottoposto a numerosi interventi per la riduzione dell’anca sinistra. Ne è esitata un’articolazione deformata e rigida

Nel caso in cui, a seguito della valutazione funzionale, ci si ponga come obiettivo la riduzione della lussazione, il paziente viene sottoposto ad un programma chirurgico che prevede (in un unico tempo chirurgico o in più tempi chirurgici):

  • riduzione cruenta dell’anca
  • osteotomia femorale
  • osteotomia acetabolare
  • interventi di release muscolo-tendineo (ileopsoas, adduttori) e transfer tendinei per bilanciare lo squilibrio muscolare (transfer dell’ileopsoas secondo Sharrard o secondo Mustard, transfer del muscolo obliquo esterno dalla muscolatura della parete addominale sul gran trocantere)

Deformità delle ginocchia.

  • Contratture in flessione. Possono rendersi necessari interventi di allungamento dei muscoli flessori (ischiocrurali) o osteotomie di estensione del femore distale in caso si instaurino deformità progressive delle ginocchia in flessione che interferiscano con la deambulazione.
  • Contratture in estensione. Raramente tali deformità richiedono un trattamento chirurgico (allungamento del quadricipite).

Deformità torsionali degli arti inferiori nel mielomeningocele.

Deformità torsionali (rotatorie) degli arti inferiori (in particolar modo la torsione tibiale esterna) sono piuttosto frequenti nei pazienti deambulanti con mielomeningocele e possono provocare disturbi nell’utilizzo dei tutori e nella deambulazione.
Dopo accurata valutazione clinica ed eventuale ricostruzione TC degli assi torsionali, può essere indicato un intervento di osteotomia derotativa.

Extrarotazione eccessiva gamba dx (a), sottoposta a osteotomia derotativa tibiale (b) con beneficio nella fase di appoggio (c)

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