Piede torto congenito – Le recidive

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La recidiva del piede torto congenito: transfer del tibiale anteriore e altre procedure

Nonostante la deformità sia stata corretta nei primi mesi di vita (vedi scheda), esiste un rischio significativo di recidiva del piede torto congenito, ossia un rischio che la deformità possa ripresentarsi, parzialmente (cioè soltanto in una sua componente, ad esempio l’equinismo) o totalmente (deformità in equino-varo-supinazione).
Tale rischio è dovuto a diversi fattori:

  • Mancata correzione completa in fase iniziale: il piede non è stato trattato correttamente e la lieve deformità che è residuata dopo il trattamento iniziale porta progressivamente il piede a deformarsi con la crescita;
  • Mancato utilizzo del tutore in abduzione: è la causa più frequente di recidiva nei primi anni di vita nel corso del trattamento con metodo Ponseti (vedi scheda);
  • Recidiva vera: anche un piede perfettamente corretto può recidivare, a causa della problematica di base sottostante (cioè la stessa causa che aveva causato il piede torto alla nascita). Sono in corso diversi studi per chiarire questi aspetti, ma probabilmente la problematica è legata all’alterata crescita della muscolatura postero-mediale che non si sviluppa allo stesso ritmo della restante muscolatura;
  • Patologia sottostante: nei piedi torti recidivati, soprattutto nei casi con recidive multiple, occorre sospettare il ruolo di una patologia neuromuscolare sottostante che altera lo sviluppo corretto dei piedi;
  • Squilibrio muscolare: nel caso in cui esista una prevalenza dei muscoli che portano il piede verso l’interno rispetto ai muscoli che lo portano verso l’esterno (ad esempio, deficit dei muscoli peronei) e questo squilibrio persista nel tempo, il piede può tendere alla recidiva;
  • La retrazione cicatriziale: in caso di piedi trattati chirurgicamente con lunghe cicatrici e aderenze tra i vari tessuti.

E’ fondamentale che la recidiva venga riconosciuta tempestivamente. Per tale motivo è importante che tutti i pazienti trattati per piede torto congenito effettuino dei controlli periodici nell’arco della crescita e che le valutazioni dei piedi siano effettuate correttamente descrivendo i vari aspetti del piede (ad esempio, i gradi di dorsiflessione), in modo da poter comprendere al controllo successivo se la deformità è stabile o in peggioramento.
Una volta riconosciuta la recidiva, è giusto avviare il trattamento, senza aspettare che il quadro peggiori e necessiti di un trattamento più invasivo.

Il metodo Ponseti per le recidive di piede torto

Nei bambini più piccoli, le recidive possono essere trattate generalmente con l’applicazione dei principi del metodo Ponseti (vedi scheda).
Vengono effettuate delle sedute di manipolazione e confezionamento di apparecchi gessati correttivi progressivi (cosiddetto “recasting”).

Recidiva in bimbo di 2 anni: recasting

Al termine, se è presente equinismo, viene eseguito l’allungamento del tendine di Achille percutaneo.

5 anni, esiti piede torto congenito: recidiva dell’equinismo (a); flessione dorsale dopo tenotomia percutanea (b)

Le difficoltà principali riguardano l’applicazione dei gessi e del tutore.
Per l’applicazione dei gessi, essendo il bambino più “consapevole” in questa fascia di età, è necessario ricorrere a vari accorgimenti (ad esempio, videogiochi) per distrarlo e mantenerlo tranquillo. Generalmente comunque non è necessario effettuare tale procedura in sedazione.

L’accettazione del tutore (per i bambini che non lo utilizzavano già) è più difficile in questa fascia di età rispetto all’età neonatale, e il ruolo dei genitori nel fare accettare questo cambiamento è fondamentale. Per i casi recidivati a causa di uno scarso uso del tutore, è necessario che la famiglia acquisisca consapevolezza della sua utilità.

Con tale metodica è possibile recuperare anche piedi torti trattati inizialmente con altre metodiche. Ad esempio, in caso di piedi trattati inizialmente con la chirurgia, il metodo Ponseti può portare comunque alla correzione ed evita di dover nuovamente lavorare sulle cicatrici creando ulteriori aderenze, cicatrici e fibrosi.

15 mesi, correzione incompleta dopo trattamento eseguito in altra sede (a,b); risultato dopo trattamento con metodica Ponseti (c,d)

Il transfer del Tibiale Anteriore all’esterno per la recidiva di piede torto

Nei bambini più grandi, generalmente oltre i 3-3,5 anni, i casi di recidiva delle deformità vengono generalmente trattati con una serie di gessi correttivi per recuperare l’allineamento corretto, cui viene associata un’altra procedura per evitare che la deformità tenda nuovamente a recidivare, la trasposizione del muscolo tibiale anteriore all’esterno.

Il muscolo tibiale anteriore è un muscolo che consente la flessione dorsale attiva del piede; in altri termini, consente di sollevare il piede verso l’alto mentre si cammina.
La sua inserzione si trova sul primo cuneiforme e sulla base del primo metatarso, ossia sulla parte dorsale e interna del piede.
L’intervento di trasposizione del tibiale anteriore consiste nel distaccare tale inserzione e spostarla più lateralmente sul dorso del piede (di solito sul terzo cuneiforme) in modo che ad ogni passo il muscolo agisca in senso correttivo, portando il piede più verso l’esterno.
Tale tecnica è molto utilizzata, sia nei casi di supinazione dinamica marcata e persistente (piedi che sono ben corretti al lettino ma che nel camminare mostrano una marcata tendenza a rimanere deviati in varismo e supinazione), sia nei piedi torti recidivati (facendo precedere l’intervento da una serie di gessi correttivi).

4 anni, recidiva di piede torto. Gessi correttivi preliminari alla trasposizione (non sempre necessari)
5 anni, recidiva di piede torto bilaterale. Prima e dopo intervento correttivo con trasposizione del tibiale anteriore
5 anni, recidiva di piede torto. In altra sede proposta osteotomia derotativa di tibia e liberazione postero-mediale (a,b). Quadro dopo transfer del tibiale anteriore (c,d)

Esistono diverse opzioni che riguardano la tecnica chirurgica (due o tre incisioni, passaggio del tendine sopra o sotto il retinacolo, ecc). Una delle possibili opzioni che vengono dibattute tra i vari centri riguarda la modalità di fissazione del tendine nel punto in cui viene re-inserito. Infatti, la tecnica classica prevede di far passare il tendine in un tunnel osseo e mantenerlo fissato sotto la pianta del piede con dei fili di sutura (eventualmente fissati a un bottone). Tale tecnica prevede quindi un doppio periodo di immobilizzazione, un primo periodo con un gesso su cui non è consentito l’appoggio (per consentire al tendine di integrarsi con l’osso) e un secondo periodo con l’appoggio. Tecniche più recenti prevedono invece l’utilizzo di viti metalliche o di ancore per fissare il tendine all’osso; in questo caso la fissazione è fin da subito efficace e consente di camminare con un carico più precoce, il che velocizza molto il recupero funzionale del paziente; va considerato però il possibile rischio di cedimento della vite (distacco della vite dall’osso).

Radiografia intraoperatoria: vite in titanio inserita nel terzo cuneiforme per la trasposizione del tibiale anteriore
4 anni, recidiva di piede torto congenito operato in altra sede (a,b); trattamento con gessi preliminari e trasposizione del tibiale anteriore all’esterno (c)

I risultati di questa procedura sono buoni, e i miglioramenti possono evidenziarsi anche nel tempo, per l’azione dinamica effettuata dal tendine trasposto.
Esistono però purtroppo casi di piedi torti che recidivano anche dopo aver effettuato la trasposizione del tibiale anteriore, per cui è necessario non abbassare la guardia anche dopo tale procedura e per tutto l’arco di crescita.

Altre problematiche e interventi possibili per la recidiva del piede torto congenito.

Il rischio che si verifichi una recidiva del piede torto congenito è significativo fino all’età di 4-5 anni (con un picco tra i 2 ei 4 anni) e poi diminuisce; purtroppo però tale rischio non scompare completamente nel corso della crescita, per cui è consigliabile effettuare controlli periodici fino alla maturità scheletrica.
Questo discorso vale però soprattutto per le recidive “vere”, cioè per i piedi trattati correttamente e completamente alla nascita.

Nella maggior parte dei casi invece con la crescita si evidenziano le conseguenze di correzioni incomplete o di alterazioni anatomiche o articolari secondarie al trattamento iniziale.
Tra le problematiche possibili, oltre al ripresentarsi delle deformità (equinismo, varismo, adduzione, supinazione, cavismo), citiamo:

  • la sublussazione dello scafoide
  • l’appiattimento del domo astragalico
  • la rigidità articolare
  • le deformazioni ossee
  • le lesioni delle cartilagini di crescita
  • l’ipercorrezione, con cedimento del piede in valgo-pronazione e piattismo e/o in talismo
  • il dorsal bunion (flessione dorsale del 1° metatarso e alluce flesso)

Tali alterazioni devono essere riconosciute e il trattamento dovrà essere diretto alla specifica problematica presente (si parla infatti di trattamento “à la carte”).

I principi del trattamento rimangono gli stessi del metodo Ponseti, cioè cercare di minimizzare l’aggressione chirurgica, eseguendo per quanto possibile trattamenti di minima (se necessario, preceduti da trattamenti gessati) e risparmiando per quanto possibile le articolazioni.
Nei pazienti più grandicelli, però, le deformità si strutturano, portando a deformazioni delle ossa, e gli interventi comprendono spesso, oltre a possibili tempi sulle parti molli, anche osteotomie.
Qui riportiamo un breve elenco di alcune procedure che possono essere richieste:

  • Allungamenti percutanei del tendine di Achille e fasciotomie plantari percutanee
  • fasciotomie plantari a cielo aperto: viene distaccata l’inserzione della fascia plantare (per cavismo residuo)
  • osteotomie di accorciamento della colonna laterale (del calcagno o del cuboide), asportando una parte di osso nei casi che presentano marcata adduzione
  • liberazione mediale e/o posteriore: allungamento della parti molli mediali e posteriori nei casi in cui non sia sufficiente effettuare procedure percutanee
  • osteotomie correttive del calcagno (di varizzazione, di valgizzazione, ecc)
  • osteotomie della base del primo metatarso: per sollevare o abbassare un primo metatarso che punta troppo verso il basso o verso l’alto
  • artrodesi: cioè fusioni delle articolazioni. Da effettuare solo a termine della crescita del piede e in casi di articolazioni rigide o artrosiche

Riportiamo di seguito alcuni esempi.

10 anni, piede torto recidivato. Prima (a,b,c) e dopo (c,d,e) intervento correttivo
13 anni, grave deformità in esiti piede torto bilaterale, prima (a,b) e dopo (c,d) intervento correttivo
11 anni, esiti piede torto recidivato con severa ipercorrezione. Prima (a,b) e dopo (c,d,e) intervento correttivo

Perchè rivolgersi a Ortopediatria in caso di recidiva di piede torto?

E’ importante riconoscere precocemente la recidiva di piede torto e trattarla adeguatamente, senza lasciare che la situazione peggiori così tanto da dover richiedere interventi aggressivi.

Come evidenziato in questa scheda, i medici di Ortopediatria sono tra i centri italiani ed europei con la maggiore esperienza nel trattamento della recidiva del piede torto congenito con i principi più moderni legati al metodo Ponseti, cioè di limitare per quanto possibile l’aggressività chirurgica.

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